PERCORSO ATTRAVERSO I BOSCHI DEL SALENTO

« Older   Newer »
  Share  
sarmenula
view post Posted on 12/7/2010, 10:20




CITAZIONE
Il bosco ombroso che fece innamorare il grande Virgilio
Strade da vivere: Il bosco ombroso che fece innamorare il grande Virgilio
di Elio Paiano



Un percorso tra querce da sughero, uliveti e lecci secolari

Si può percorrere un itinerario insolito sulle tracce degli antichi boschi del Salento. Boschi spesso ridotti a lievi sopravvivenze, oppure che mantengono solo il nome ed il fascino di ciò che furono. Spesso sfruttati fino al collasso ed alla scomparsa, attendono ora un recupero. E’ il caso di quello tarantino che seguiva, un tempo, il corso del Galeso. Per trovare la sua sorgente occorre giungere nel laghetto tra Cavello e Statte, per poi seguirne il corso (di circa un chilometro) fino al Mar Piccolo. Oggi appare come un luogo in sofferenza, ma Virgilio (ai suoi tempi) lo definì Galeso “niger”, cioè ombroso, proprio perché attratto dal colore che esso assumeva per il riflesso dei folti e ombrosi alberi che vi si specchiavano (e per il colore bluastro delle alghe che emergevano dal fondo).
Basta rileggere il Libro IV delle “Georgiche” per ritrovare lo splendore di questo luogo dove – si narra – il poeta abbia trovato l’ispirazione per la sublime composizione. Anche Orazio amava questo luogo, insieme a Tommaso Niccolò D’Aquino (Delicie Taratine), Giovanni Pascoli (Senex Coryciu).

Insomma, se il fiume ombroso col bosco dei poeti vi attende a Taranto, ad Ostuni non manca l’ispirazione per ammirare la grandezza di un altro antichissimo bosco. Basta prendere la strada che da Ostuni conduce a Speziale e giungere nei pressi di Masseria Rialbo di Sopra. Qui il verde scuro degli ulivi secolare cambia di tonalità e si colora di altre gradazioni di verde. Sono i resti di un gigantesco antico bosco che un tempo ricopriva i colli inerpicandosi su fino all’eremo di San Biagio. Oggi, tra la macchia rigogliosa della cripta accanto al monastero e la fertile masseria si estende un bosco di querce da sughero millenarie. Una tradizione attribuisce l’impianto di questo bosco ai monaci italo-greci, un’altra ai normanni. In realtà l’attenzione dell’uomo verso questa pianta affonda le radici in tempi ancora più antichi. La sua preziosa scorza offre quel materiale duttile chiamato sughero diffuso nell’Occidente Mediterraneo. Si è tentato di riprodurla in Crimea, in Sudafrica, in California, ma con scarsi risultati. E’ qui che prospera ed un tempo ricopriva i colli e la distesa dell’ostunese fino al mare. Quello che oggi si può ammirare, però, offre uno spettacolo incredibile. Da centinaia di anni nessuno raccoglie più il sughero in Puglia, perciò queste piante sono delle vere e proprie sculture viventi.

Da Ostuni ci si può dirigere verso le coste adriatiche del Salento per incontrare le Cesine. Qui (come indica il nome) a furia del taglio il bosco è quasi scomparso tranne rare sopravvivenze. Però, spingendosi ancora più a Sud s’incontra la pineta reimpiantata di Alimini. Al suo interno nasconde – nel tratto che giunge fino alla Baja dei Turchi – un grande bosco di corbezzoli e querce virgiliane. I corbezzoli ad Otranto si chiamano “armeculi”, in Sicilia “’mbriaculi”. Entrambi i termini ricordano il fatto che fare una scorpacciata di tali frutti (soprattutto se acerbi) provoca uno stato simile all’ubriachezza, poiché il corbezzolo contiene un alcaloide allucinogeno. Un tempo – narrano le cronache – col corbezzolo e con il lauro si cucinavano in un’antica ricetta i muggini dei laghi Alimini.

Le querce virgiliane, invece, si rivelarono preziose in molte occasioni perché la ghianda è commestibile ed ha un sapore simile alla castagna. Se ancora si ha tempo in questo incompleto itinerario non resta che cercare le tracce di uno dei più grandi e spettacolari boschi che la Terra d’Otranto abbia mai avuto: il bosco Belvedere. Alcuni collocano il suo incipit a Nord, proprio fuori Otranto, altri un po’ più nell’interno. Questo enorme bosco descritto in tante antiche cronache si spingeva dalla costa verso l’interno, da Nord a Sud fino a lambire il Capo di Leuca. Tra Maglie e Scorrano, ad esempio, si trovano diversi esemplari monumentali sopravvissuti come querce e lecci secolari, ma anche tra Giuggianello e Palmariggi ed in altri luoghi. Nociglia, ad esempio, potrebbe derivare il suo nome dall’essersi trovata proprio al centro di questo prezioso ecosistema. A Poggiardo s’incontrano i Marirossi e poi via via fino a Ruffano, Torrepaduli etc. In questo caso l’itinerario consigliato è tra le stradine rurali di questi luoghi dove – tra olivi secolari, macchia e gariga – spuntano questi maestosi esemplari testimoni di un’antica bellezza. Dicono, infatti, le fonti classiche che il Capo Japigio era ricoperto da un enorme bosco.



Fonte: "Il Quotidiano" di venerdì 21 aprile 2006.
Autore: Elio Paiano

 
Top
0 replies since 12/7/2010, 10:20   165 views
  Share